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Sing - Recensione

03/01/2017 | Recensioni |
Sing - Recensione

Musica, maestro! L’esclamazione può sorgere spontanea già nei primi minuti di Sing, ultimo scintillante lavoro della Illumination Entertainment (la stessa dei Minions per intenderci).
Pienamente al passo coi nostri tempi, in cui le TV sono stracolme di talent musicali di ogni genere, Sing racconta la storia dell’organizzazione di un vero e proprio talent show canterino. La vera novità è che questa volta il talent è tutto… bestiale.
L’idea di una specie di ‘X-Factor’ animalesco viene al koala Buster Moon, padrone di un teatro un tempo glorioso ma ora caduto in disgrazia. Moon è ricercato dalla banca a cui ha chiesto un prestito e dai macchinisti che reclamano lo stipendio. Ma, da grande ottimista quale è, Buster non si perde d’animo: ama il teatro più di ogni altra cosa e cerca di fare di tutto per tenerlo in vita. Decide quindi di fare un ultimo tentativo per riportare in auge il suo teatro organizzando una straordinaria gara di canto. Cinque concorrenti superano le affollate selezioni: Mike, un topo che canta benissimo ma che è un imbroglione vanitoso, Meena una timida elefantina adolescente con una grande fifa del palcoscenico, Rosita una mamma maialina, casalinga in debito di autostima che deve badare ai suoi 25 piccoli, Johnny un giovane gorilla gangster che cerca di prendere le distanze dai crimini della sua famiglia, Ash, una porcospina punk-rock che lotta per liberarsi dal fidanzato arrogante e poter intraprendere la carriera da solista. Ciascuno di loro arriva nel teatro di Buster con la convinzione che quella potrebbe essere la grande occasione per cambiare vita.

Un’idea semplice ma geniale è alla base di questo gioioso film d’animazione in cui già nel titolo si cavalca l’onda dell’attualità: un talent show destinato ai più piccoli (ma anche ai loro genitori, abituali spettatori di quelli televisivi), popolato interamente da simpatici animali antropomorfi dalle ugole d’oro. Ma qui, invece di liti e battibecchi, c’è il divertimento puro, c’è la capacità di sfruttare la magia del cinema pur prendendo spunto da un modello televisivo di successo.
Sing è un riuscito mix di citazioni alte (‘Buster’ Moon in primis) e di fantasia, non solo musicale. Un po’ favola, un po’ musical, mescolando anche tracce di diversi generi cinematografici (basti guardare la provenienza proletaria della maialina Rosita o la famiglia criminale del gorilla Johnny con tanto di evasione finale).
Non mancano i messaggi edificanti, come l’importanza di non far morire quei contenitori di magie che sono i teatri, la tenacia e la voglia di non mollare mai (l’instancabile girl band giapponese), la forza di essere consapevoli del proprio talento.
Un film sospeso tra modernità (il talent senza esclusione di colpi) e classicismo (il teatro di Buster o la villa d’altri tempi della vecchia star del palcoscenico Nana Nooleman, un personaggio che omaggia la Gloria Swanson di Viale del tramonto) animato da ben 65 brani che spaziano dal pop alla Katy Perry e Taylor Swift, ai successi dell’R&B, allo stile più tradizionale (vedere la rivisitazione del classico “My Way” di Sinatra eseguita da un topolino crooner per credere), passando per l’immortale “Bamboleo” dei Gipsy Kings. Perla tra le perle, il brano originale “Faith” duetto tra Stevie Wonder e Ariana Grande che segna il ritorno del grande musicista alle colonne sonore dopo 25 anni.
E che dire del quintetto di animali canterini, un gruppetto di simpatici ‘falliti’ in lotta per accaparrasi il cospicuo premio di 100.000 dollari (una cifra enorme battuta a macchina per errore da Miss Crawly sul volantino che invitava alle audizioni)? Si va dalla maialina ‘casalinga disperata’, al topolino egocentrico con il complesso di Napoleone, alla porcospina punk-rock, campionessa di coerenza ad uno stile personale e non omologato.
I numeri da capogiro non si contano: per ricordarne qualcuno, la scatenata spesa cantata e ballata tra gli scaffali del supermercato della maialina Rosita (come non sognare di farlo anche noi per animare il noioso rito della spesa!) e l’originale autolavaggio di Buster in compagnia dell’amico Eddie.
I personaggi che fanno da contorno ai protagonisti della gara canora non sono da meno, un vero mix di creatività e simpatia: come non ridere alla genialità di Miss Crawly, assistente di lunga data di Buster Moon, anziana lucertola con un occhio di vetro che va spesso fuori posto? E come non meravigliarsi della bellezza di un branco di gamberi fluorescenti che danno vita a un balletto acquatico neanche fossimo in un film di Esther Williams?
Pur in uno stile di animazione piuttosto “normale” (rispetto ad altri esperimenti della concorrenza Disney), il film diverte alla grande. Garth Jennings alla regia indovina la ricetta confezionando un divertimento puro in cui tutto funziona, a partire dal direttore d’orchestra: i sani valori in cui crede l’appassionato Buster Moon (ma con quel nome illustre e quel cognome ‘magico’ si poteva non sognare?) e il suo incrollabile ottimismo (anche quando tutto sembra crollare) sono quanto di più contagioso ci sia.
Il film è totalmente pervaso da un ritmo travolgente che non può non far battere il piedino sul pavimento. E quando, nel finale, va in scena il favoloso passo a due tra la maialina Rosita e il pingue maiale scandinavo Gunter (mai si era visto un egocentrico narcisista più simpatico) non si può non applaudire a tanto brio e a tale umana voglia di spiccare il volo. 

Elena Bartoni
 

 


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